Alcuni commenti di un precedente post hanno toccato un tema fondamentale: la partecipazione politica comunale e la sua "utilità".
Mi sembra opportuno evidenziare che noi del Comitato, pur nella nostra eterogeneità e pluralità "dottrinaria" e "idealogica" ( che lungi da considerare un handicap, sentiamo piuttosto come un patrimonio da cui attingere), condividiamo alcune concezioni basilari.
A proposito del tema di cui sopra, mi sento in obbligo di citare Tocqueville, il noto liberale francese del XIX secolo, studioso e teorico della democrazia, ed aristocratico di nascita.:
" è nel Comune che risiede la forza dei popoli liberi. Le istutuzioni comunali ( e provinciali N.d.C.) sono per la libertà quello che le scuole primarie sono per la scienza; esse la mettono alla portata del popolo, gliene fanno gustare l'uso pacifico, e l'abituano a servirsene. Senza istituzioni comunali, una nazione può darsi un governo libero, ma non possiede lo spirito della libertà. Passioni passeggere, interessi momentanei, circostanze fortuite possono darle le forme esteriori dell'indipendenza; ma il dispotismo ( Tocqueville aveva una concezione particolare del dispotismo moderno in seno ad un regime "apparentemente" democratico N.d.C) ricacciato all'interno del corpo sociale, riappare, presto o tardi, alla superficie."
(tratto da "La Democrazia in America", primo libro, a cura di N.Matteucci, Torino, pag.80)
Siamo convinti dell'importanza fondamentale delle libertà politiche locali. La decentralizzazione ha, fra i vari scopi, quello di avvicinare il più possibile il cittadino alla politica, e la politica al cittadino. Noi del Comitato siamo a favore di un'applicazione il più completa possibile del nuovo Titolo V della Costituzione. Come già Tocqueville, diamo non minore importanza al libero associazionismo, strumento della popolazione indispensabile per il raggiungimento di una concreta democrazia. Troviamo paradossale e grottesco che noi, cittadini liberi in regime democratico, dobbiamo quasi giustificare il nostro interesse per le sorti dell'Italia e del nostro piccolo paesello. La politica, oggi chiaramente di casta, dovrebbe essere gestita non solo in nome del popolo, per il popolo; ma, per quanto possibile, dal popolo stesso. Questo popolo siamo noi. Guardiamo con orrore, ed è ciò che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, una situazione del genere:
"Vi sono certe nazioni europee in cui l'abitante si considera come una specie di colono, indifferente al diestino del luogo che abita. I più grandi cambiamenti si verificano nel suo paese senza il suo concorso; non sa nemmeno cosa, precisamente, sia avvenuto; lo sospetta, ha sentito raccontare l'avvenimento per caso; peggio ancora, la fortuna del suo villaggio, la polizia della sua strada, la sorte della sua chiesa e del suo presbiterio ( per quest'ultima andrebbe anche bene N.d.C.) non lo toccano affatto; pensa che tutto questo non lo riguardi assolutamente, che appartenga ad un potente straniero che si chiama governo. Quest'uomo, del resto, benchè abbia fatto un sacrificio così completo del suo libero arbitrio, non predilige, più di un altro, l'obbedienza. Si sottomette, è vero, al beneplacito di un funzionario; ma si compiace di sfidare la legge, come un nemico vinto, appena la forza si ritira. Così lo si vede incessantemente oscillare tra servitù e licenza."
(ibidem, pg 116.)Mi sembra opportuno evidenziare che noi del Comitato, pur nella nostra eterogeneità e pluralità "dottrinaria" e "idealogica" ( che lungi da considerare un handicap, sentiamo piuttosto come un patrimonio da cui attingere), condividiamo alcune concezioni basilari.
A proposito del tema di cui sopra, mi sento in obbligo di citare Tocqueville, il noto liberale francese del XIX secolo, studioso e teorico della democrazia, ed aristocratico di nascita.:
" è nel Comune che risiede la forza dei popoli liberi. Le istutuzioni comunali ( e provinciali N.d.C.) sono per la libertà quello che le scuole primarie sono per la scienza; esse la mettono alla portata del popolo, gliene fanno gustare l'uso pacifico, e l'abituano a servirsene. Senza istituzioni comunali, una nazione può darsi un governo libero, ma non possiede lo spirito della libertà. Passioni passeggere, interessi momentanei, circostanze fortuite possono darle le forme esteriori dell'indipendenza; ma il dispotismo ( Tocqueville aveva una concezione particolare del dispotismo moderno in seno ad un regime "apparentemente" democratico N.d.C) ricacciato all'interno del corpo sociale, riappare, presto o tardi, alla superficie."
(tratto da "La Democrazia in America", primo libro, a cura di N.Matteucci, Torino, pag.80)
Siamo convinti dell'importanza fondamentale delle libertà politiche locali. La decentralizzazione ha, fra i vari scopi, quello di avvicinare il più possibile il cittadino alla politica, e la politica al cittadino. Noi del Comitato siamo a favore di un'applicazione il più completa possibile del nuovo Titolo V della Costituzione. Come già Tocqueville, diamo non minore importanza al libero associazionismo, strumento della popolazione indispensabile per il raggiungimento di una concreta democrazia. Troviamo paradossale e grottesco che noi, cittadini liberi in regime democratico, dobbiamo quasi giustificare il nostro interesse per le sorti dell'Italia e del nostro piccolo paesello. La politica, oggi chiaramente di casta, dovrebbe essere gestita non solo in nome del popolo, per il popolo; ma, per quanto possibile, dal popolo stesso. Questo popolo siamo noi. Guardiamo con orrore, ed è ciò che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, una situazione del genere:
"Vi sono certe nazioni europee in cui l'abitante si considera come una specie di colono, indifferente al diestino del luogo che abita. I più grandi cambiamenti si verificano nel suo paese senza il suo concorso; non sa nemmeno cosa, precisamente, sia avvenuto; lo sospetta, ha sentito raccontare l'avvenimento per caso; peggio ancora, la fortuna del suo villaggio, la polizia della sua strada, la sorte della sua chiesa e del suo presbiterio ( per quest'ultima andrebbe anche bene N.d.C.) non lo toccano affatto; pensa che tutto questo non lo riguardi assolutamente, che appartenga ad un potente straniero che si chiama governo. Quest'uomo, del resto, benchè abbia fatto un sacrificio così completo del suo libero arbitrio, non predilige, più di un altro, l'obbedienza. Si sottomette, è vero, al beneplacito di un funzionario; ma si compiace di sfidare la legge, come un nemico vinto, appena la forza si ritira. Così lo si vede incessantemente oscillare tra servitù e licenza."
E' precisamente ciò contro cui combattiamo. Ci guardiamo intorno e non vediamo altro che apatici servi, che accettano le briciole che cadono dalla tavolta imbandita del politico/partito (solitamente corrotto) di turno. Siamo stufi: la nostra Costituzione, garantista, ci dà la possibilità di esercitare i diritti politici e civili, e abbiamo tutta l'intenzione di farlo. Vi invito ad unirvi a noi.
Valerio